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Gli antiossidanti nella terapia delle neuropatie. L’anione superossido è uno dei radicali liberi più reattivi, con un’emivita di un milionesimo di secondo.

Proprio la sua reattività fa sì che, una volta prodotto, possa reagire con qualunque macromolecola (proteina, acido grasso o zucchero) si trovi nelle vicinanze. Diverse ricerche confermano l’utilità dell’integrazione con acido alfa lipoico o SOD per contrastarne l’azione. L’anione superossido è prodotto da un certo numero di sistemi enzimatici ed è un radicale con reattività elevata. In soluzione acquosa il superossido può ossidare l’acido ascorbico, e può ridurre complessi del ferro come il citocromo C e il Fe-EDTA. Dal punto di vista quantitativo, si è calcolato che circa l’1-2% dell’ossigeno respirato sfugge alla normale catena di produzione di energia mitocondriale e si trasforma in anione superossido. Sempre secondo questi calcoli, ogni individuo produce quasi 2 Kg di anione superossido l’anno.

È proprio in virtù dell’elevata reattività dell’anione superossido e della sua rilevanza quantitativa che si stanno preparando strategie terapeutiche per contrastarne la produzione o rimuoverlo prontamente una volta formato. Dal punto di vista fisiologico, le cellule sono attrezzate con la superossido dismutasi (SOD), che accelera la dismutazione del superossido in H2O2 e O2. Come s’intuisce dal nome, l’enzima SOD dismuta il superossido. La dismutazione è un particolare tipo di reazione nella quale avvengono contemporaneamente due reazioni opposte, un’ossidazione e una riduzione, su due molecole uguali. L’enzima SOD prende due radicali superossido, strappa l’elettrone in più dal primo e lo trasferisce al secondo. In questo modo una delle due molecole si ritrova con un elettrone in meno e quindi diventa ossigeno molecolare O 2, l’altra si ritrova con un elettrone in più e, dopo aver legato due ioni H+, diventa acqua ossigenata H2O2. Poiché anche l’acqua ossigenata è un composto pericoloso, la cellula cerca di distruggerla nel più breve tempo possibile usando l’enzima catalasi. Esistono due tipi principali di SOD, una citosolica, dipendente da rame e zinco, e una mitocondriale, dipendente dal manganese. L’interesse per il ruolo che l’anione superossido svolge nelle patologie neurodegenerative è stato inizialmente stimolato dagli studi del gruppo di Estevez, che ha dimostrato come una mutazione della SOD fosse implicata nella patogenesi di
alcune forme di sclerosi laterale amiotrofica. Da questi studi ne sono originati altri che stanno chiarendo il ruolo dei RO S e degli antiossidanti nelle patologie neurologiche e nelle complicanze a loro associate.

Stress ossidativo, come si forma
Stress ossidativo è il termine che indica lo squilibrio tra la generazione di ROS e la difesa degli antiossidanti. La formazione di radicali liberi dell’ossigeno, specie molecolari molto reattive, è un processo diffuso nell’organismo che ha luogo nel caso di eventi fisiopatologici quali la fagocitosi, oltre a essere coinvolta in processi citotossici che portano a necrosi cellulare. La produzione di radicali liberi è tuttavia controllata, in situazioni fisiologiche, da sistemi enzimatici e da fattori non-enzimatici e può essere vista come il risultato di un bilancio tra pro-ossidanti e antiossidanti. Tra gli enzimi ad attività antiossidante si ricordano la superossido dismutasi, la catalasi, la tioltransferasi e la glutatione perossidasi; i fattori antiossidanti devono essere forniti dalla dieta, come parte dei cosiddetti micronutrienti, e comprendono alcune vitamine, metalli e numerosi altri composti come i flavonoidi e i fenoli.

Specie incriminate
Il crescente interesse verso gli antiossidanti è dovuto da una parte all’accumularsi di dati sperimentali che identificano nell’incontrollata produzione di radicali liberi specifici eventi dell’eziologia di varie malattie quali il cancro, l’artrite reumatoide, l’aterosclerosi, i processi degenerativi associati all’invecchiamento, e la neurodegenerazione. Dall’altra parte, altri dati indicano che un’aumentata assunzione di antiossidanti riduce l’incidenza di queste patologie. In realtà, non è scientificamente corretto parlare di radicali liberi come i soli responsabili dello stress ossidativo. Il termine «specie reattive dell’ossigeno» (ROS) è più corretto e viene spesso usato per includere, non solo i radicali idrossile (OHŸ), alcossile (ROO Ÿ), superossido (O2Ÿ-), ma anche le specie non radicaliche come: acido ipocloroso (HOCl), ossigeno singoletto (1O2), perossinitrito (ONOO -), ozono (O3) e perossido di idrogeno (H2O2). È noto ormai da anni che i più importanti radicali coinvolti nei processi biologici sono il radicale idrossile, l’anione superossido, il monossido d’azoto e il perossile, ognuno dei quali presenta diversa reattività e, quindi, potenziale di interagire con le macromolecole e danneggiarle. Uno stress ossidativo prolungato può quindi causare danno e conseguente morte cellulare in tutti i tessuti. L’importanza del danno causato dallo stress ossidativo dipende dal target molecolare, dalla gravità dello stress, dal meccanismo mediante il quale l’ossidazione è imposta e dalla durata. L’evoluzione delle neuropatie Lo stress ossidativo interviene sia nella patogenesi sia nell’evoluzione di numerose neuropatie. Un esempio è quello della neuropatia diabetica. In condizioni d’iperglicemia, le cellule endoteliali producono maggiori flussi di glucosio attraverso la glicolisi, la decarbossilazione del piruvato e il ciclo dell’acido citrico. La maggior produzione di glucosio porta a un sovraccarico della catena di trasporto mitocondriale che, a sua volta, conduce a produzione di anione superossido e concomitante minor produzione di nitrossido, risultante in disfunzione endoteliale. La somma di queste reazioni è un danno ossidativo alle macromolecole vascolari, come DNA e zuccheri. Proprio il ruolo giocato dall’anione superossido nell’insorgenza di tali patologie spiega perché la terapia con antiossidanti classici non ha effetti benefici. La vitamina E, per esempio, è inefficace nei confronti dell’anione superossido e il suo utilizzo, quindi, non ha basi biochimiche nel caso di neuropatia diabetica. Molti tra i farmaci in questo momento in uso per il controllo del microcircolo nel diabete, come gli ACE inibitori, i bloccanti del recettore dell’angiotensina e le statine, hanno attività antiossidante e modulano la produzione di anione superossido. Proprio queste attività – oltre a quelle più farmacologicamente proprie di dette molecole – spiegano in parte le loro azioni terapeutiche.

L’acido alfa-lipoico e SOD sotto la lente d’ingrandimento
Tra le molecole di più recente impiego vi sono l’acido alfa-lipoico e la SOD ricombinante o estratta dai semi di melone. L’acido alfa-lipoico. (acido 1,2-ditiolan-3-pentanoico, una volta conosciuto come acido tioctico) è un composto ditiolico che si trova in natura e che è sintetizzato nei mitocondri come cofattore dell’alfa ketoacido deidrogenasi. Come tale, l’acido alfa-lipoico è indispensabile al metabolismo energetico dei mitocondri. Oltre alla sintesi endogena, parte dell’acido alfa-lipoico che si trova nell’organismo deriva dalla dieta (o dagli integratori). A oggi, l’acido alfa-lipoico è stato descritto come un potente antiossidante biologico, un agente detossificante (tramite l’attivazione degli enzimi di fase II ) e una molecola terapeutica da utilizzare nel diabete e nelle sue complicanze (quest’applicazione è stata sfruttata soprattutto in Germania). Sulla scorta delle molteplici attività biologiche dell’acido alfa-lipoico, la sua diffusione come integratore sta aumentando rapidamente. In effetti, nonostante l’acido alfa-lipoico si trovi in carne, frattaglie, frutta e verdure, tutti gli studi sono stati eseguiti con quantità farmacologiche (da 50 a 600 mg), disponibili solo tramite integrazione. L’emivita dell’acido alfa-lipoico è estremamente breve e le ricerche si stanno concentrando proprio sul capire come un composto a così breve emivita possa svolgere tali attività biologiche. I meccanismi d’azione dell’acido alfa-lipoico sono vari. Grazie alla sua struttura chimica agisce da chelante dei metalli (limitandone quindi la tossicità intracellulare), da mediatore del segnale cellulare, da precursore della sintesi del glutatione e da antiossidante intracellulare. In particolare, l’acido alfa-lipoico ripristina in corretto rapporto tra glutatione ridotto e glutatione ossidato (a favore del primo). Infine, agendo a livello mitocondriale (dove, ricordiamo, è anche prodotto) l’acido alfalipoico riduce la percentuale di radicali liberi che sfuggono alla catena respiratoria. Da non trascurare, anche se non correlato con le neuropatie, il fatto che l’acido lipoico ha attività ipotrigliceridemizzante e anoressica (a livello centrale). In pratica, l’acido lipoico migliora il metabolismo mitocondriale riducendo, allo stesso tempo, la formazione di radicali liberi che consegue proprio l’aumentata attività respiratoria.
Una recente meta-analisi di quattro trial randomizzati e controllati con placebo che hanno coinvolto un totale di 1258 pazienti diabetici ha mostrato che la somministrazione di 600 mg/die di acido alfa-lipoico è in grado di migliorare le misure di neuropatia periferica. A questa meta-analisi s’è recentemente aggiunto un altro trial che ha coinvolto 182 pazienti affetti da diabete di tipo I o di tipo II , nei quali un trattamento di cinque settimane con acido alfa-lipoico ha prodotto un miglioramento dei sintomi neurologici. In conclusione, sono ormai numerosi gli studi che dimostrano l’implicazione dello stress ossidativo in neuropatogenesi. Anche se l’origine delle specie reattive dell’ossigeno è varia, è chiaro che i mitocondri giocano un ruolo quantitativamente importante nella produzione di radicali liberi, soprattutto di anione superossido che sfugge alla catena di trasporto degli elettroni. Dal punto di vista terapeutico, quindi, è importante scegliere antiossidanti mirati all’anione superossido e ai mitocondri, senza disperdersi in tentativi con molecole dall’azione antiossidante generica, ma non diretta ai radicali liberi responsabili dei danni ossidativi. Tra le molecole più studiate, come descritto in quest’articolo, vi sono la superossido dismutasi e l’acido alfa-lipoico, entrambi presenti nei mitocondri ed entrambi impiegati con successo come supporto alla terapia di varie patologie su base ossidativa. Appare quindi opportuno prendere in considerazione la loro aggiunta al regime terapeutico delle neuropatologie, al fine di limitare i danni irreversibili da loro indotti alle principali macromolecole.

Bibliografia
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